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di Ettore Ferrari

Thomas Pidcock è il re della mitica Alpe d’Huez. Pogacar prova più volte a liberarsi di Vingegaard, ma il dominatore del Col du Granon risponde perfettamente agli attacchi dello sloveno e conserva la maglia gialla.

Tappone alpino con tre salite Hors Catégorie – La nuova classifica vede svettare Jonas Vingegaard che, forte del vantaggio accumulato al termine dell’undicesima tappa può correre di rimessa. Grande attesa per Pogacar, il re degli ultimi 2 Tour e della prima metà di questo ha conosciuto la prima crisi nera della sua carriera. Tre vette leggendarie da superare nella dodicesima giornata di gara: subito dopo la partenza da Briancon si scala l’interminabile col du Galibier (versante opposto rispetto a quello percorso nella frazione numero undici) con i suoi 23 km; poi, dopo un passaggio sul Télégraphe, ecco la seconda vetta da brividi, la Croix de Fer (addirittura 29 km!); quindi il piatto più succoso con l’arrivo sull’Alpe d’Huez.

Froome all’attacco! – La fuga lancia nove atleti, poi ridotti a cinque: Giulio Ciccone, Neilson Powless, Louis Meintjes, Tom Pidcock e Chris Froome. Il dominatore di 4 Tour (ma pure di 1 Giro d’Italia, dopo un’impresa leggendaria, e di 2 Vuelta a Espana) – fantasma del fuoriclasse che è stato dopo il terribile incidente al Delfinato 2019 – torna dopo tre stagioni totalmente incolore ad essere in prima fila in una tappa durissima. Tra i big della Generale, non succede nulla anche per la presenza massiccia degli uomini della Jumbo in testa al gruppo.

Inizia L’Alpe d’Huez e Pidcock saluta tutti – Una delle salite iconiche della Grande Boucle, scalata per la prima volta 70 anni fa con l’impresa di Fausto Coppi, poi divenuta negli anni 70/80 la salita degli olandesi, prima di nuove imprese azzurre con i successi, tra gli altri, di Bugno e Pantani (due volte ciascuno). Sono 13,8 km (pendenza media dell’8,1% e 21 tornanti). I cinque al comando approcciano la salita finale con oltre 6′ di margine, quanto basta per garantire ad uno di loro la vittoria. Dietro, un imperiale Wout Van Aert, pilota la maglia gialla e il gruppo fino ai -10. Davanti, è già scattato Pidcock. Il gioiellino britannico del Team Ineos-Grenadiers scatta quando ancora non si è giunti al cartello dei -10. Un azzardo? Forse, ma questo è un ragazzo di classe purissima e di birra ne ha da vendere. Uno dei talenti mutidisciplinari di ultima generazione, forte e vincente ovunque: campione del mondo a cronometro tra gli juniores; vincitore di un Giro d’Italia under-23; campione del mondo di ciclocross tra gli juniores, under-23 e quest’anno nella categoria Elite; oro olimpico a Tokyo in MTB; vincitore di una Freccia del Brabante e secondo all’Amstel nel 2021. Piccolo di statura, il classe 1999 (compirà 23 anni a fine mese) lascia sui pedali il resto della compagnia. Ciccone, non riesce a dare seguito ai buoni intendimenti (anche se a fine tappa rientra in classifica per la maglia a pois), risponde bene Meintjes che rimane per qualche chilometro a pochi secondi di distanza, anche Froome si difende come può assestandosi in terza posizione.

Pogacar prova, ma Vingegaard risponde – Si arriva al gran finale e Pogacar prova un paio di volte a togliersi di ruota la maglia gialla, che ribatte con apparente facilità. Ogni volta rientrano pure Sepp Kuss (ultimo uomo della maglia gialla), un regolare Geraint Thomas e un ritrovato Enric Mas.

Pidcock si prende la scena e fa sua l’Alpe al primo Tour – Tom Pidcock aumenta il margine sugli ex compagni di fuga e fa sua la tappa. Meintjes è secondo a 48″, poi applausi pure per Froome, terzo a 2’06” (migliore perfomance per il keniano bianco da 4 anni a questa parte). Powless resiste al rientro del gruppetto dei big, mantenendo la quarta piazza a 2’29”; cosa che non riesce a Ciccone, che chiude decimo alle spalle di Pogacar, Vingegaard, Thomas, Mas e Kuss.

Bardet perde il podio – Bardet perde quel tanto che lo fa scivolare giù dal podio. Vingegaard ha 2’22” su Pogacar e 2’26” su Thomas, quindi il transalpino della DSM a 2’35”, Adam Yates chiude la top-5 a 3’44”.

Di Ettore Ferrari

Sono nato a Catania il 14 aprile 1971. In redazione dicono sempre che sono troppo preciso, da qui il nomignolo "nessun capello fuori posto". Sono la "Memoria storica" del ciclismo.

2 pensiero su “L’Alpe d’Huez incorona Pidcock”

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