Succede che certi campioni, nonostante le vittorie, siano a volte bersaglio di critiche fuori luogo. Uno di questi è il fresco campione d’Europa Elia Viviani. Il velocista di Isola della Scala è da sempre un talento purissimo, su strada e su pista, ma proprio per i suoi mezzi indiscutibili si è trovato suo malgrado al centro di polemiche e critiche.

2019 dolce e amaro, ma sempre sulla cresta dell’onda – Ricordate l’ultimo Giro d’Italia? Non ha centrato una vittoria (una, a dire il vero, gli è stata tolta dai giudici per scorrettezze); al Tour de France, pur vincendo la tappa di Nancy (diventando il 94° corridore della storia a vincere almeno una tappa nei tre GT) ha fatto più notizia l’aver perso tutte le altre volate nonostante una squadra super al suo fianco, perché quando ti chiami Viviani vincere “solo” una tappa è poca roba. Che dire poi del fatto che alla Milano-Sanremo, cui teneva tantissimo, ha perso le ruote dei migliori nel momento in cui si è accesa la bagarre sul Poggio (anche se la Deceunick ha festeggiato il trionfo di Alaphilippe); per proseguire con la Gand-Wevelgem (secondo lo scorso anno, beffato da Peter Sagan), altra classica adatta ai suoi mezzi, rimasto chiuso in una volata che i suoi compagni si erano prodigati per garantirgli. Queste le delusioni, ma è dall’inizio di stagione che Elia è protagonista sulle strade di mezzo mondo mietendo successi ovunque. Alla già citata tappa alla Grande Boucle, si aggiungono 1 tappa al Tour Down Under, la Cadel Evans Great Ocean Road Race, 1 tappa all’UAE Tour, 1 alla Tirreno-Adriatico, 2 tappe al Giro di Svizzera (con cui ha chiuso il suo anno in maglia tricolore), quindi il recente acuto alla RideLondon – Surrey Classic, prima dello strepitoso trionfo all’Europeo di Alkmaar. Nove successi, quasi tutti di peso, eppure in talune circostanze si sottolineano più le sconfitte che le brillanti vittorie, strano il mondo…

Elia Viviani (30 anni) al momento dell’inno di Mameli al Campionato europeo di Alkmaar

Europeo: un Viviani attaccante e cacciatore – Il successo in terra olandese ha lasciato tutti di stucco per l’autorevolezza con la quale il 30enne azzurro ha condotto la corsa lungo tutti i 172 km del tracciato. Il percorso pianeggiante non deve ingannare, in quanto le corse a quelle latitudini non sono mai banali. Il vento, per esempio, svolge un ruolo quasi sempre decisivo e il nostro, attorniato da una squadra perfetta, ha corso all’attacco senza risparmiarsi. Tre i momenti cruciali: il primo, quando ad oltre 60 km gli azzurri hanno forzato (con un Trentin in versione locomotiva) e Viviani
era lì in un drappello di 13 unità, isolando il favorito di casa Groenewegen; il secondo, quando a circa 25 km dal termine, proprio Viviani ha allungato (senza aspettare la volata) con Ackermann (altro velocista puro che ha fatto una prova notevole) e Lampaert; il terzo è l’atto decisivo, quando è stato lucido nel rispondere all’offensiva di Lampaert ai -3, intuendo che ormai Ackermann era al gancio. In quel frangente, Viviani si è prodotto in uno scatto (simile ad una volata) che in un attimo gli ha permesso di piombare alle costole del belga, a quel punto la volata è stata una formalità. Questa vittoria, netta e convincente, generosa e d’attacco, non deve far dimenticare che in altre occasioni Elia aveva dimostrato di essere grande interprete di gare d’attacco, su tutte il campionato italiano 2018. La medaglia d’oro continentale ci ridà un Viviani più completo e più convinto, in grado di poter cogliere ancora successi di prima grandezza che ancora gli mancano nelle corse di un giorno, nonostante un palmarès di tutto rispetto, senza dimenticare che l’anno prossimo il veronese sarà sicuramente impegnato anche alle Olimpiadi di Tokyo per rinverdire quell’oro a cinque stelle conquistato a Rio 2016.

Di Ettore Ferrari

Sono nato a Catania il 14 aprile 1971. In redazione dicono sempre che sono troppo preciso, da qui il nomignolo "nessun capello fuori posto". Sono la "Memoria storica" del ciclismo.