di Ettore Ferrari

Cala il sipario sulla terzo Grande Giro della stagione 2021 e allora diamo i voti ai protagonisti.

Primoz Roglic: 10 e lode. Il solo fatto di aver conquistato per la terza volta consecutiva (impresa riuscita prima solo a Toni Rominger negli anni Novanta, e a Roberto Heras negli anni Duemila) la Vuelta fa meritare al campione olimpico il massimo dei voti. La lode e per aver iniziato e concluso vincendo, anzi dominando. Nessuna crisi, nessun momento in cui (nonostante alcune cadute) è stato messo in difficoltà. Ha dominato ed è stato sempre in totale controllo della corsa e, alla fine, porta a casa ben 4 tappe (2 a cronometro, la prima e l’ultima), 11 giorni in maglia rossa (che sommate alle 25 già in carniere fanno un totale di 36) e la consapevolezza di aver scritto in questi tre anni un pezzo importante della storia di questa gara.  

Enric Mas: 7,5. La speranza del pedale iberico è il “primo dei terrestri”, secondo come tre anni fa. Dopo quel risultato (a soli 23 anni), una stagione no l’anno dopo, sono arrivate le ultime due in maglia Movistar dove si è sì insediato tra i migliori dei GT, ma senza acuti. Condotte di gara regolari, senza sussulti. Il mezzo voto oltre il sette lo merita perché nel 2020 e ’21 è l’unico ad avere concluso quattro GT in top-ten: 5° al Tour e 5° alla Vuelta l’anno scorso; 6° al Tour e 2° alla Vuelta quest’anno.

Jack Haig: 9. Alzi la mano chi alla vigilia pensava che questo esperto corridore venuto dalla lontana Australia potesse salire sul podio finale. E invece con una condotta di gara accorta e regolare, e con l’apporto di una squadra perfetta (la Bahrain-Victorious, prima nella classifica a squadre: voto 10), è riuscito a precedere fior di campioni (Bernal su tutti). L’anno scorso il terzo gradino del podio venne occupato da un’altra sorpresa (Hugh Carthy) e nella storia ci sono state tante “meteore” (ricordate Zenon Jaskula, 3° al Tour 1993?), ma Haig è nel pieno della maturità e potrà dare seguito a questa eccellente performance.

Adam Yates: 7. L’anno scorso è stato acquistato dal super team Ineos per le piccole corse a tappe e per essere da supporto al/ai capitano/i nei GT. Il compito lo ha portato a termine vincendo il Giro di Catalogna e correndo l’unico Grande Giro in appoggio a Bernal. Ma la sua classifica non è stata da meno e, alla fine, ha fatto meglio del capitano terminando 4°, a 1’26” dal podio. Questo risultato rappresenta, assieme al 4° posto al Tour 2016, la sua best performance in un GT.

Gino Mader: 9. Ne ha fatta di strada lo svizzero da quella tappa alla Paris-Nice, quando era in fuga e venne beffato sul traguardo dall’insaziabile Roglic. Una tappa al Giro d’Italia, poi una al Tour de Suisse e le ultime tre settimane da autentico prim’attore della Vuelta con una regolare crescita nella generale fino al sorpasso ai danni di Bernal anche nella classifica dei giovani: 5° assoluto e sul podio di Santiago de Compostela con la maglia Bianca!

Egan Bernal: 6. Era lo sfidante del favorito n. 1 (Roglic). Aveva la squadra più forte (sulla carta), ma strada facendo ha perso Carapaz (esausto dopo il successo al Tour de Suisse, il podio al Tour e il trionfo nella gara in linea alle Olimpiadi di Tokyo) e Narvaetz; Pidcock, altro oro olimpico di Tokyo e all’esordio in un GT, non è stato ai suoi livelli… ha avuto Yates, ma non è stato il Bernal che ci si attendeva. Ha lottato più con la classe e la grinta che con le gambe (e una condizione altalenante). Ha lanciato l’azione più bella della Vuelta, con la fuga a due con Roglic, che poi lo ha staccato sull’ultima salita; poi è crollato al penultimo giorno, perdendo ogni chance di podio e addirittura la maglia bianca, che (almeno quella) sembrava sua. Il sesto posto finale non aggiunge granché al suo palmarès. L’appuntamento con la Tripla Corona (Tour, Giro e Vuelta) è rinviato.

Fabio Jakobsen: 10 e lode. La felicità in persona e ne ha tutti i diritti questo ragazzo classe 1996 dopo la terribile caduta in Polonia nell’agosto 2020. Tornato a gareggiare in primavera, tornato a vincere a luglio nel Tour de Wallonie (2 tappe), in Spagna è tornato campione vincendo ben 3 tappe, ottenendo piazzamenti e la fiammante maglia verde (classifica a punti) che gli consente di salire sul podio di Santiago di Compostela. Il suo è stato davvero un cammino, dal baratro al ritorno alla vita e alla rinascita di un vero campione.

Magnus Cort Nielsen: 10. Con la Vuelta questo aitante danese aveva un feeling particolare (2 tappe nel 2016 e 1 nel 2020), ma quest’anno si è superato vincendo 3 tappe e sfiorando il poker nella crono conclusiva, dove solo sua maestà Roglic è riuscito a batterlo.

Michael Storer: 10.  Ecco un nome che emerge da questa Vuelta. Classe 1997, l’australiano di Sidney professionista dal 2018, ha trovato in questa estate la sua dimensione. È un vincente, dopo 1 tappa e a classifica finale al Tour de l’Ain, ecco un doppio acuto in Spagna condito dalla maglia a pois della classifica degli scalatori (soffiata al compagno di squadra Romain Bardet). Se sono rose…

Odd Christian Eiking: 9. Lo conoscevano in pochi, ma lui ha azzeccato la fuga giusta e la sua squadra (Intermarché, voto: 8) lo ha coccolato facendogli tenera per ben 6 giorni la roja del primato. Ha chiuso poco fuori la top-ten (11°).

Damiano Caruso: 8. La vittoria di tappa è una perla che impreziosisce la sua stagione già illuminata da un Giro fantastico. 71 km di fuga solitaria sono stati una gran bella cartolina del ragusano. Peccato non aver creduto di più alla maglia a pois (conquistata proprio quel giorno), ma forse è chiedere troppo a lui e alla sua squadra, che poi ha concluso alla grande con Haig e Mader.

Miguel Angel Lopez: 3. C’è poco da dire, ha rovinato con il suo comportamento scellerato una Vuelta che stava concludendo sul podio (3°) e che al massimo avrebbe concluso comunque 6°. Non è nuovo a gesti di stizza (Giro 2019) o a polemiche con altri team (proprio contro i Movistar alla Vuelta 2019). Per la squadra, ma soprattutto per lui un danno non indifferente, urge un cambiamento di… testa.

Jasper Philipsen: 9. Il velocista belga ne ha di stoffa. Quest’anno, dopo una semiclassica (Scheldeprijs) al cospetto di Sam Bennett e Mark Cavendish, e 2 tappe al Tour of Turkey, si è segnalato al primo Tour portato a termine con tre secondi e tre terzi posti. Alla Vuelta ha posto il proprio timbro con due volate d’autore nella seconda e nella quinta tappa. La Alpecin-Fenix ha di che gioire per le prestazioni del fenomeno Van der Poel, ma anche per i successi di Merlier e di Philipsen (23 anni).

Fabio Aru: 5. Nell’amata Vuelta ha chiuso una carriera controversa. Inizio radioso nell’Astana, poi un autunno precocissimo negli anni UAE e, infine, il crepuscolo quest’anno senza sussulti. Nelle ultime tre settimane ha tentato generosamente alcune azioni da lontano, ma è andato perdendosi strada facendo per mancanza delle forza necessaria.

Mikel Landa: 3. Non c’è niente da fare. Il basco (32 anni a dicembre) dopo la caduta e il conseguente ritiro al Giro, aggiunge una prestazione opaca e sconcertante che si contrappone alle prestazioni notevoli di Haig, Caruso e Mader e di tutta la squadra. Landa colleziona cadute, oppure non va e prima della fine si ritira senza aver dato alcun segnale. Ridimensionato.

Spagna: 0. I corridori di casa chiudono con 0 vittorie di tappa, un bilancio catastrofico, che si aggiunge alle 0 vittorie al Giro e al Tour. Un disastro!

Di Ettore Ferrari

Sono nato a Catania il 14 aprile 1971. In redazione dicono sempre che sono troppo preciso, da qui il nomignolo "nessun capello fuori posto". Sono la "Memoria storica" del ciclismo.

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