di Giuseppe Girolamo

Alle volte il silenzio è d’oro, soprattutto quando sai di essere colpevole di un fatto drammatico. Dylan Groenewegen per tutti è il mostro da sbattere in prima pagina. Un ciclista da radiare. “Un criminalé da imprigionare”, come ha detto Patrick Lefevere, team manager della Deceuninck Quick Step, squadra di cui fa parte Fabio Jakobsen, il campione olandese rimasto vittima della caduta avvenuta nella volata finale della prima tappa del Tour de Pologne.

Una carambola pazzesca innescata dall’azione poco ortodossa di Groenewegen. Il portacolori della Jumbo Visma ha subito la radiazione della corsa, ma cosa ancor peggiore il linciaggio di tutti gli sportivi. Una gogna mediatica tipica dell’era social. Groenewegen è rimasto in silenzio, ha riflettuto sulla vicenda. Ha pensato su cosa era più opportuno dire o scrivere. A distanza di quasi ventiquattro ore dall’incidente rompe il silenzio: “Mi dispiace per quanto successo. Non riesco a trovare le parole per descrivere quanto mi dispiace per Fabio e gli altri che sono stati coinvolti nella caduta. Al momento la salute di Fabio è la cosa più importante. Penso a lui costantemente“, queste le parole di Groenewegen diffuse attraverso i propri profili social.

Di Giuseppe Girolamo

Sono siciliano, anche se sono nato (per puro caso) a Torino il 28 giugno 1973. Perchè scrivo di ciclismo? Perchè da corridore ero troppo scarso! Addetto stampa e organizzatore di eventi sportivi e culturali. Per info: giuseppegirolamo@gmail.com