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di Ettore Ferrari

“Sono state le mie tre settimane” basta questa eloquente affermazione per comprendere appieno quello che è stato per Damiano Caruso il Giro d’Italia 2021. Un atleta che ha avuto alla non più verde età di 33 anni (e mezzo) la sua vera consacrazione.

Una vita per gli altri, dall’anno scorso i frutti anche per lui – Nato a Ragusa, dove vive con la moglie Ornella e i due figli, Caruso ha iniziato a correre proprio con una formazione locale prima di trasferirsi al nord. Tra gli Under-23 è stato campione d’Italia nel 2008 e ha vestito la maglia azzurra in due mondiali, concludendoli entrambi al 10° posto. Il salto nella categoria Elite nel 2009. Da lì è stato un crescendo come uomo squadra, prima in piccole formazioni, poi alla Liquigas (2011-12), divenuta Cannondale (2013-14), quindi il salto nella BMC (2015-18), dove diventa un perno della formazione statunitense che vince varie cronometro a squadre (2 al Tour, 1 alla Vuelta, 3 alla Tirreno-Adriatico). Dopo avere già corso ad inizio carriera con Nibali negli anni della Liquigas, i due siciliani si ritrovano per una sola stagione nella Bahrain-Merida nel 2019. Il resto è storia recente. Atleta solido su tutti i terreni, in salita, sul passo, a cronometro, nelle corse a tappe (significativo il 2° posto al Giro della Svizzera 2017), ma è soprattutto un eccellente luogotenente. Proprio queste caratteristiche ne fanno uno dei più apprezzati in gruppo e la definizione di gregario, seppur nobile, appare riduttiva.

Nel 2014 la prima top-ten in un GT – La Vuelta 2014 segna il primo risultato di prestigio in una grande corsa a tappe: 9°. Seguito nel 2015 dall’8° posto al Giro d’Italia. Nel 2017 per poco non chiude il cerchio chiudendo all’11° posto il Tour de France. Questi ottimi piazzamenti, però, non hanno seguito per il lavoro che deve assolvere a beneficio dei capitani che si avvicendano nelle squadre in cui corre. Davide Cassani ne fa un perno anche in Nazionale: Ponferrada 2014 (mondiali), Rio 2016 (olimpiadi) e Innsbruck (2018).

La consapevolezza di essere nel posto giusto al momento giusto – Proprio nelle file della Bahrain nelle ultime due stagioni, Damiano raggiunge picchi di condizione mai raggiunti prima. Ed ecco il Tour del 2020 dove, pur lavorando per Mikel Landa, riesce nella cronometro del penultimo giorno ad arpionare una top-ten (10°) importantissima, scalzando l’eterno Valverde. Partecipa ai mondiali di Imola ed è ancora il migliore degli italiani, sempre 10°. In agosto era tornato dopo 7 anni al successo vincendo il Circuito di Getxo (nel 2013 il primo acuto da pro’ in una tappa della Settimana Coppi e Bartali). Risultati che vive con leggerezza e maturità, quella maturità e tranquillità interiore che gli consentono di fare l’ultimo salto di qualità nel Giro appena concluso con un podio memorabile.

Il Giro perfetto – Di solito quando si arriva secondi si hanno delle recriminazioni o c’è qualcosa che è mancato. Ecco, in questo caso, Caruso ha corso un Giro senza sbavature, crisi o occasioni mancate. Il suo Giro è da incorniciare per come, giorno dopo giorno ha costruito prima una top-ten, poi di più, fino ad insediarsi in maniera solida sul podio, infine con la consacrazione di tutto ciò nel tappone del penultimo giorno. La vittoria più bella della carriera, che ha sublimato le sue tre settimane senza mai una crisi. E adesso?

Damiano, credici! – Il 12 ottobre compirà 34 anni, ma un fisico integro, la piena maturità atletica e mentale, possono e devono darci un Caruso in grado di poter competere ancora per qualche anno. L’appetito vien mangiando e adesso che Damiano si è seduto al tavolo più prelibato deve solo continuare su questa strada intrapresa. Prossimi appuntamenti il campionato italiano e la maglia azzurra a Tokyo, dove il c.t. Cassani con ogni probabilità gli darà i gradi di capitano.

Di Ettore Ferrari

Sono nato a Catania il 14 aprile 1971. In redazione dicono sempre che sono troppo preciso, da qui il nomignolo "nessun capello fuori posto". Sono la "Memoria storica" del ciclismo.