di Turi Barbagallo

La mattina del 2 giugno 1969 il Giro si è svegliato nei dintorni di Savona. La corsa rosa sta per puntare verso est per andare a cercare la sua soluzione sulle Dolomiti quando una notizia bomba squarcia la carovana: Eddy Merckx, saldamente in maglia rosa, è risultato positivo al test antidoping della frazione precedente. Fencamfamina! Uno stimolante, inserito da poco nella lista delle sostanze proibite, comporta l’esclusione del belga dalla corsa rosa assieme ad una sanzione che impone uno stop di un mese lontano dalle competizioni.

Il garbato incalzare di Sergio Zavoli davanti a telecamere impietose che riprendono le dichiarazioni singhiozzanti di un uomo in lacrime rannicchiato sul letto di una camera di albergo, resterà impresso nella memoria di ogni appassionato di ciclismo. Merckx è un personaggio sportivo stellare, in Belgio, dove il ciclismo è una religione, lui è un Dio. La sua esclusione dalla corsa rosa, quando si trova ad un passo dal bis dell’anno precedente, consegnerà il Giro a Gimondi, al momento del fattaccio secondo in classifica ad 1’41’’ dal belga. Ciò non può che alimentare polemiche, sospetti e teorie complottistiche di ogni genere. Teorie che ancor oggi non hanno perso del tutto il loro vigore.

I risvolti della vicenda furono anche politici, fra Italia e Belgio si rischiò l’incidente diplomatico e i nostri connazionali immigrati in Belgio furono oggetto di atteggiamenti xenofobi. Il fortissimo rumore di chi si schierò al fianco del belga, sostenendo a gran voce la sua totale innocenza, suffragata, a loro dire, dalla banalità della frazione in cui era stata ritrovata la fencamfamina e dal tipo di sostanza contestata, non servì a farlo restare in corsa, ma contribuì non poco a far ottenere al fiammingo una manipolazione regolamentare che gli permise di schierarsi al via di un Tour de France che stravinse stracciando gli avversari. Il francese Pingeon, secondo, finì a quasi 18’, mentre Gimondi, quarto, accusò quasi mezz’ora di ritardo. Merckx dominando tutte le classifiche di quel Tour divenne definitivamente “il cannibale”.

Ad oggi il cerchio sul doping di Savona, malgrado abbia attraversato cinquant’anni di storia, non ha trovato la sua quadratura. Assieme alle tante teorie complottistiche che raccontano di borracce “avvelenate” o di un fantomatico corridore che avrebbe fatto allettanti proposte economiche al
belga perché perdesse quel Giro, proposte rigettate con disprezzo da Merckx, si è accompagnato anche qualche mormorio sull’uso di sostanze illecite del belga. Mormorio che troverà più volume dopo il Lombardia del ’73, e la Freccia Vallone del ’77 che videro Merckx nuovamente positivo al
controllo antidoping.

In definitiva, sul contestatissimo caso, solo due cose appaiono certe: Merckx, fino ad oggi, ha sempre professato la sua innocenza; la giura quel giorno lo ha espulso dalla 52esima edizione del Giro d’Italia perché positivo alla fencamfamina.

Diventa sempre più flebile la speranza di conoscere la verità su quelle lacrime.

Di Redazione

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